A scuola di franchising
È sempre bene ricordarlo: il franchising non è per tutti, ma solo per chi possiede specifici requisiti economici, attitudinali e personali.
Seleziono candidati al franchising da quando il tenente Colombo è arrivato in India e ha trovato gli indiani… d’America.
Dovrei cercare, per conto delle aziende affilianti mie clienti, i partner perfetti. Passiamo ore con i responsabili franchising a definirne il profilo.
Li vorremmo imprenditori veri, cazzuti, capaci, pieni di soldi, fedeli alla marca, predisposti al team working, al body building, al fire walking, al brain storming persino allo stalking dei clienti…
Immaginiamo l’anima gemella del franchisor e pensiamo subito a maschi alfa e femmine beta, a modelle mozzafiato, a figaccioni con gli occhi azzurri, i capelli biondi e un portafoglio gonfio da far paura.
Poi, ci svegliamo dal sogno e affrontiamo l’incubo quotidiano del nostro mondo da Frankestain.
Chissà chi ha messo in giro la voce che il franchising è una formula per dilettanti allo sbaraglio, pseudogiovani in cerca di futuro, disoccupati senza futuro, minoranze e minus habens.
Con rispetto parlando per tutte le categorie citate, fare l’imprenditore oggi è roba da palle di toro, non da cuori di pecora.
Eppure passiamo giornate intere a incontrare personcine sfuggenti, indagati, latitanti, falliti senza speranze di riscatto, squattrinati cronici, furbetti del quartirolo (tipico formaggio lombardo) e furboni un po’ barboni.
Ci ostiniamo a blandire chiunque ci manda una email, invece di appendere un bel cartello con scritto “Astenersi sfigati e perditempo” e fare un interrogatorio preliminare spezzagambe a tutti i candidati.
Altro che anima gemella! Qui siamo al “basta che respiri” in mezzo a una festa di zombie!
La morale
I mercati di oggi non ammettono debolezze. Sopravvivono solo le coppie perfette, in cui un franchisor qualificato incontra un franchisee capace, economicamente solido e con il giusto spirito imprenditoriale.
dal Manuale del Frankenstein,
di Saverio Savelloni, ed. Fasullo