Chi ha il pane…

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Sembra incredibile, ma, nonostante la nostra sia una delle tradizioni enogastronomiche più invidiate nel mondo, pochissimi marchi italiani nella ristorazione hanno avuto un successo planetario.

A scuola di franchising. Fra una battuta di spirito e una risposta seria, le soluzioni ai dubbi sul franchising.

La ristorazione italiana ha davanti a sé un mondo da conquistare, con il franchising.

Su questo non c’è discussione. Abbiamo una delle cucine più apprezzate e invidiate al mondo.

Abbiamo ricette straordinarie, tradizioni originali e incredibili, varietà sconfinate di ogni tipologia di prodotto agroalimentare, ingredienti mirabolanti, centinaia di DOP, IGP, IGT, GULP, SOB, GASP… Perché allora in tutto il mondo si mangia il pollo fritto del Kentucky, il chili, l’hamburger, il paninazzo e il cappuccino americano, il gelato australiano, il sushi giapponese, il kebab, il cinese, l’egiziano, l’indiano, il greco, il brasiliano e tutte le possibili cucine etniche del mondo, tranne quella italiana?

Voi direte: ma cosa stai raccontando? Non vedi quante gelaterie italiane, ristoranti, pizzerie, caffetterie ci sono nel mondo? Sì, ma quante di loro sono veramente italiane? Pensate a Sbarro, che di italiano ha solo la bandierina sull’insegna o a Vapiano, catena tedesca di ristorazione italiana! Pensate a tutti i locali pseudo-italiani gestiti da egiziani, arabi, indiani, greci e quant’altri in tutto il mondo… Ma soprattutto, pensate che sono incredibilmente pochi i marchi italiani del food che hanno avuto un successo planetario con il franchising…

E tutto questo perché? Perché in Italia chi fa ristorazione bene non sa pensare da imprenditore, chi fa l’imprenditore non sa fare ristorazione, chi sa fare franchising troppo spesso non sa fare l’imprenditore e nemmeno la ristorazione…

La Morale

Insomma è proprio vero, da noi chi ha il pane, purtroppo, non ha i denti!

dal Manuale del Frankenstein,
di Saverio Savelloni, ed. Fasullo