C’è chi sceglie la rete diretta, chi punta sull’interazione.
Ci sono reti che preferiscono aprire centri di proprietà piuttosto che affiliati. Nel comparto del fai da te (DIY) questa scelta ha coinvolto la maggioranza delle insegne: ha detto basta al franchising per anni, sino a qualche timido segnale di nuova fiducia nella formula nell’ultimo anno, anno e mezzo e comunque solo per poche insegne. Altri settori hanno fatto scelte simili sebbene in termini meno trasversali. Perché avviene? Perché alcune insegne dismettono il canale franchising?
Il fenomeno si è reso via via più evidente per le metrature medio-grandi e per i comparti specializzati; il punto dolente sono i cosiddetti costi di agenzia in un momento in cui occorre ripensare il modello di business e sviluppare processi di vendita più efficienti.
Il costo di agenzia
In termini distributivi è rappresentato dall’insieme dei vincoli (non solo economico-finanziari) e delle negoziazioni necessarie a far funzionare una rete in cui coesistono più centri decisionali, quali gli imprenditori affiliati nel caso del franchising. Si tratta delle operazioni di gestione del gruppo imprenditoriale mediante assegnazione di obiettivi (di vendita, qualitativi, performance del personale, livello dei resi, eccetera), proposte d’iniziative promozionali, introduzione di nuove procedure per migliorare l’efficienza e così via. La rete in franchising ha l’indubbio vantaggio di essere più reattiva rispetto alle esigenze della clientela locale grazie alla motivazione imprenditoriale dell’affiliato, ma dall’altro lato presenta la criticità di una gestione della rete fatta di continue negoziazioni e allineamenti rispetto alle novità e di un monitoraggio specifico del rispetto delle procedure comuni. Le medio-grandi metrature specializzate, così come le catene a bassa specializzazione o di settori che stanno subendo contrazioni della domanda o il riposizionamento dei modelli di offerta, preferiscono passare dal franchising ad altre strategie distributive quali la rete diretta, perché in questo modo possono evitare i costi di agenzia interni e possono anche ripensare in termini complessivi l’offerta e il modello di business.
Nuovi focus e spazi di vendita
La rete diretta permette non soltanto il controllo delle leve del business, ma anche la possibilità di ripensare interamente il modello, agendo sulle metrature e sulle location in cui avviare un punto vendita. Un esempio per tutti: Ikea apre metrature ridotte in città con focus specifici su categorie di prodotti, con una prima esperienza anche con focus sulla ristorazione a Milano in occasione dell’Expo.
In franchising, ruoli diversi
A fronte della scelta di alcune catene di privilegiare i centri di proprietà rispetto alle affiliazioni, ci sono poi marchi come Brico Io e Brico Ok che proseguono con scelte imprenditoriali basate sul franchising, in cui credono come formula che avvantaggia affiliante e affiliati. Queste catene e altre, prevalentemente medio-piccole, preferiscono puntare sull’energia imprenditoriale degli affilati locali per lo sviluppo delle vendite e del brand. La rete in franchising, a differenza della rete diretta, non permette ampie revisioni del modello di business, a causa degli impegni reciproci previsti dal contratto, ma in compenso si avvale degli affiliati per affinare la conoscenza delle esigenze del consumatore e si rinforza grazie al loro l’impegno nel perseguire gli obiettivi di vendita e di qualità della relazione con i clienti.
Articolo tratto dal numero di marzo di Millionaire
a cura della nostra esperta retail Raffaella Còndina
Raffaella Còndina opera nella consulenza di direzione aziendale ed è specializzata in marketing e sviluppo franchising, ha fondato la Condina & associati. È iscritta all’Albo consulenti ed esperti di Assofranchising. Segue progettazione e startup di reti di vendita, è autrice di Come diventare internazionali. È docente a contratto presso l’Università La Sapienza di Roma, nella faculty del Master sul franchising. www.condinaeassociati.com – info@condinaeassociati.com