Retail, uno dei business più avviati

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La riorganizzazione post Covid del retail dà buoni frutti: 3000 aperture previste nel 2023 dall’analisi del Centro studi Confimprese. Tra criticità e strategie di rilancio.

Analizzare una situazione per trarne indicazioni per come muoversi in futuro. È uno degli scopi del Centro studi Confimprese, che in collaborazione con Global Strategy ha pubblicato il Rapporto annuale sulla base del quale Confimprese, cui oggi fanno capo 450 brand commerciali, con 90 mila punti vendita, 800 mila addetti, delinea piani di sviluppo per tutti gli associati.

Dal 2018 al 2022 i soci hanno aperto una media di 1000 negozi. Per il 2021 si parla di “razionalizzazione”. Eufemismo per descrivere un periodo pesantissimo per il settore retail, messo in ginocchio dalla pandemia e dalle chiusure prolungate degli esercizi commerciali. Nel 2022 si è ripartiti, per rinforzare la rete distributiva.

Le stime per il 2023 ipotizzano una crescita netta del numero dei punti vendita di 3.000 unità rispetto al 2022 a fronte di 650 chiusure, con percentuali simili di aperture dirette e in franchising.

Previsioni: ristorazione +14%, abbigliamento +5%

«Il franchising è una formula distribuiva che apre in maniera trasversale la strada a un’attività su numerosi settori merceologici e permette l’avvio in modo autonomo sotto l’ombrello del marchio dell’azienda”, osserva il Centro studi Confimprese.

Le previsioni sono positive anche per l’occupazione: si ipotizza l’assunzione di circa 20 mila nuovi dipendenti. I settori in crescita sono la ristorazione (+14%), abbigliamento e accessori (+5%) e “altro retail” (+6%).

«Il sistema Confimprese, sia pure nelle difficoltà che il Paese sta attraversando, continua a crescere. In controtendenza rispetto a quanto sta avvenendo nel commercio tradizionale, penalizzato dal successo dell’online e dalla conseguente desertificazione dei centri storici», afferma Mario Resca, presidente Confimprese. «Il commercio moderno si difende in modo più strutturato grazie alla forza del marchio, alle economie di scala e alla revisione del rapporto con il consumatore, posto al centro delle strategie di comunicazione. La stima di migliaia di aperture di nuovi punti vendita testimonia la buona tenuta del retail, un motore decisivo per lo sviluppo del Paese».

Secondo il presidente, il comparto a causa della pandemia è stato costretto a guardarsi all’interno, ripulire le proprie reti selezionando con maggiore accuratezza i propri partner. Nel contempo, affiliati e partner sono diventati più esigenti, valutano prodotti e servizi che devono trasferire al consumatore. Anche il consumatore è più critico e acquista dove c’è non solo un’offerta adeguata alle sue esigenze di portafoglio, ma anche innovazione.

I fattori critici

La mancanza di personale e di materie prime rischiano di penalizzare lo sviluppo distributivo. Le catene faticano a trovare commessi, magazzinieri, cassieri, cuochi, addetti di sala, alla griglia e camerieri. Spesso per attrarli, trattenerli e combattere l’assenteismo, si attuano strategie mirate di incentivazione e “gratficazione”. Le difficoltà maggiori per la ricerca di manodopera si riscontrano al Nord. Più ricettivo il Sud, che al momento rappresenta un serbatoio in cui attingere risorse.

Sei aziende su 10 manifestano rinnovato interesse per i centri commerciali, che si stanno impegnando per diventare luoghi di aggregazione, e non solo di consumo, e contrastare l’avanzata dell’e-commerce. Continua il buon andamento dei negozi di prossimità, che rispondo alle nuove abitudini di consumo, stimolate dalla pandemia: comodità e ricerca di punti nel quartiere per i piccoli acquisti.

Il clima di incertezza internazionale frena le nuove aperture, soprattutto nella ristorazione. Tra le motivazioni delle 650 chiusure previste nel 2023, mancati ricavi e affitti troppo alti. E logiche interne alle reti. Il rapporto analizza anche le dinamiche e le previsioni di sviluppo di alcune delle catene associate.