La parola all’affiliato. Un franchisee si racconta: sogni, progetti, aspettative e difficoltà per realizzare un’impresa in affiliazione. Dino Toppi a Piantedo (So) ed Erbusco (Bs) Primadonna Collection franchising.
Un gruppo di imprenditori lombardi ha creato una propria rete di negozi in franchising, credendo fortemente in questo modello e in uno dei marchi italiani di maggiore successo.
Per una volta, è stato l’operoso Nord brianzolo a credere nel Sud.
Dino Toppi fa parte di un gruppo di sei imprenditori di quell’area, amici e soci, che ha puntato sul marchio pugliese Primadonna Collection per ampliare la sua rete di negozi sparsi per la Lombardia, in un progetto che coinvolge diversi noti brand, tutti in franchising, e mira ad allargarsi ulteriormente.
«Il nostro gruppo è formato da persone con diverse provenienze lavorative, dal mondo del commercio alla libera professione. Siamo accomunati da una visione dinamica del mercato, soprattutto in chiave commerciale, fondata su una continua osservazione dei suoi cambiamenti e sulla ricerca di risposte adeguate, serie e ben organizzate. Al momento, con Primadonna abbiamo avviato due negozi, stiamo per aprirne un terzo nel centro di Lecco ed è in corso il progetto del quarto punto vendita, probabilmente in provincia di Monza e Brianza».
Tutto in franchising, quindi una scelta precisa rispetto alla formula.
Quali vantaggi offre secondo voi?
«In sintesi, pensiamo che oggi sia la modalità migliore per stare nel commercio. Questo perché consente di avvalersi di una sinergia di gruppo, che è poi la stessa che anima il nostro sodalizio imprenditoriale. Non si è da soli ad affrontare i problemi e vi è una comunanza di interessi che sostiene tutti nel perseguire gli obiettivi. Si può così contare su una maggiore forza, economie di scala, risparmi in chiave pubblicitaria, accesso a un know-how sperimentato e così via. Tutti fattori che permettono di avere migliori prospettive a lungo termine. Naturalmente, nel vasto panorama disponibile, bisogna scegliere bene…».
E come avete scelto Primadonna?
«Con calma», ride. «A parte gli scherzi, è stato un processo abbastanza lungo e meditato. Da bravi brianzoli abbiamo fatto un passo alla volta. Il settore, quello della moda donna, è da sempre la nostra prima scelta, e vi operiamo già anche con altri marchi noti, sia pure con prodotti diversi. Abbiamo fatto diverse ricerche, avuto colloqui con varie aziende, alcune anche molto interessanti. Poi siamo scesi sul campo, andando a visitare negozi come clienti e osservando le realtà operative, parlando con i titolari. Non ci siamo fatti mancare nulla.
Primadonna ci ha convinti per diversi motivi. Prima di tutto la solidità dell’azienda, la sua organizzazione, la forza del marchio e l’immagine, ben studiata e pubblicizzata. Molto importante per noi è stata anche l’apertura del loro centro logistico per il Nord Italia e del centro per la formazione. Poi i prodotti, a nostro parere perfetti per il mercato attuale grazie all’eccellente rapporto qualità/prezzo. Infine, fondamentale, la formula del conto vendita: risolve il “problema dei problemi” nel nostro campo, quello delle rimanenze di magazzino».
Il vostro primo negozio è nato nel 2013, quindi ormai avete potuto valutare nei fatti la vostra scelta. Ne siete soddisfatti? C’è qualche suggerimento che vorreste dare al franchisor?
«Siamo soddisfatti. Tutto procede come nei nostri piani e mi pare che il progetto della quarta apertura dia bene la misura della nostra soddisfazione. Quanto ai suggerimenti, uno ci sarebbe. Penso che sarebbe utile differenziare un po’ gli assortimenti sulla base delle specifiche esigenze territoriali. Vi sono fattori locali come gusti, cultura, clima, che influenzano gli acquisti di calzature e questo aiuterebbe a ottimizzare le vendite».
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