Internazionalizzare il franchising: 4 passi da pianificare

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L’internazionalizzazione è il sogno di ogni franchisor. Ma esportare un format è una strada in salita, specie quando si fa impresa nel comparto del food, dove la competizione è alta e diversissime possono essere le abitudini alimentari dei consumatori tra un Paese e un altro.

Proprio della complessità dell’internazionalizzazione di un format food e soprattutto delle strategie da mettere in atto per riuscirci, parla la storia di Matteo Toto, che ha lanciato Flower Burger, formula focalizzata sulla preparazione e vendita di burger vegani, nata nel 2015, che oggi può contare su 15 locali in Italia e diversi punti vendita all’estero, tra cui due a Londra, e altri ad Amsterdam, Marsiglia e negli Usa.

1_Crea una strategia adatta per ogni mercato

Ogni mercato ha una storia a sé. Sembra una frase fatta, ma molti imprenditori che provano a internazionalizzare sbagliano perché non considerano le varianti insite in ogni Paese. Per Matteo Toto, che prima di fare impresa lavorava come export manager, questo è un aspetto essenziale. In attesa di decidere in quale Paese muoversi, racconta di aver studiato a fondo i mercati nei quali intendeva affermare il suo brand e poi di aver diversificato le strategie.
«In Francia, un mercato più simile al nostro, sono partito con un franchisee singolo, che ho conosciuto partecipando al Franchise Expo Paris. Mentre diversi sono stati i passi da fare nel Regno Unito, un mercato molto più rischioso e con variabili e barriere all’ingresso» spiega Toto.

2_AffÌdati a partner in mercati complessi

Per entrare nel mercato britannico, Toto sa che ha bisogno di affidarsi a un partner. Per questo sceglie di farsi supportare da un master franchisee, una forma contrattuale con la quale un franchisor affida a una società i diritti per espandere il suo brand in un territorio. I vantaggi sono di affidarsi a qualcuno che opera già in un mercato e lo conosce alla perfezione. Il contratto stipulato da Flower Burger prevede l’apertura di 15 punti vendita ogni 5 anni, con una durata di 15 anni: «A Londra aprire un punto vendita può costare fino a 300mila euro, i rischi sono tanti e puoi ridurli proprio affidandoti a un master franchisee. Gestiamo, tuttavia, la materia prima con il nostro laboratorio di Milano, la Flower Factory, che produce i burger e il pane per tutta Europa».

Discorso diverso per il mercato americano. Qui Toto, per avviare il laboratorio di produzione, ha bisogno di creare una società ad hoc, di cui lui, come casa madre, detiene delle quote. Su come ha trovato il partner giusto in America, c’è meno strategia e più casualità: ci riesce quando conosce, in Italia, un turista americano, di cui diventa amico: «Si è innamorato della formula Flower Burger e ha deciso di esportarla in Usa. Dopo avermi contattato per avere info sul franchising abbiamo passato due anni a sentirci su Skype per capire insieme se ci fossero tutti i presupposti per costruire questa partnership».

3_Presta attenzione alla comunicazione (e alle sue differenze tra Paesi)

Altro aspetto da non sottovalutare per chi vuole internazionalizzare il proprio format è la comunicazione, che non può essere centralizzata, come spiega Matteo: «Devi considerare che una battuta che fa ridere il pubblico italiano, non avrebbe gli stessi effetti nel Regno Unito o in Francia, dove il sense of humour è ben diverso» svela Toto.
Anche per questo, specie quando si sceglie di puntare su una comunicazione molto accattivante, bisogna scegliere agenzie di marketing locali, calcolando quindi anche i costi da affrontare: «Servono 3 cose: un piano editoriale per ogni Paese, un budget da destinare alle sponsorizzazioni e un’attività diffusa di influencer marketing» consiglia.

4_Controlla sempre i costi dei

Anche sui costi dei professionisti, le differenze tra Paesi possono essere molto marcate: «Se bastano 2.000 euro per un’agenzia di marketing nel Regno Unito, Italia o Francia, in Usa ne servono almeno 8.000» avverte Toto.
Discorso simile anche per altre figure professionali coinvolte, come gli avvocati: «Negli Stati Uniti gli avvocati che hanno sottoscritto gli accordi tra me e il mio socio ci sono costati 150mila dollari. Pertanto, il mio consiglio è di informarsi prima sui costi dei professionisti, in modo da e capire se si hanno i mezzi e le possibilità per coprirli» conclude Toto.

Articolo a cura di Davide D’Andrea Ricchi il nostro esperto
Founder e Ceo dell’Agenza Sviluppo Franchising (www.sviluppofranchising.com),
docente della Business School Sole24Ore e autore del bestseller Let’s Franchise.