Le regole del gioco

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A scuola di franchising

C’è chi disprezza il franchising solo perché ha delle regole e si basa sul gioco di squadra. Gente che il più delle volte nasce (o si crede) squalo e muore sardina…

Mi hanno sempre detto che i bar e le toilette pubbliche sono luoghi interessanti per cogliere il “sentire comune” su qualsiasi argomento.

Le fiere del franchising non fanno eccezione, tant’è che mi sono ritrovato a cogliere questa perla di saggezza, elargita da un sapientone con la tazzina del caffè in mano: “Nel franchising è tutto standardizzato, inquadrato, ingessato.

È roba per il gregge, per quelli che non capiscono niente di un settore e che sono disposti a farsi guidare in tutto e per tutto. Un imprenditore un po’ sveglio non si fa fregare, dopo un po’ capisce la situazione, impara quel che c’è da imparare e poi se ne esce dal contratto perché vuole fare a modo suo…”. Di questi furboni è piena l’Italia.

È gente il cui esclusivo “know-how” consiste nel saper lavorare in “black” (come dicono loro), nel pagare i fornitori “a babbo morto”, nel trattare i collaboratori come somari, perché “non si meritano altro”, nel fare qualsiasi cosa gli passi per la testa perché “tanto il capo sono io”… È gente che non sa “fare gruppo” perché si crede diversa, più scaltra.

È gente che non capisce la forza e il valore di un metodo e di un marchio comune, diffuso, apprezzato dai consumatori.

È gente che naviga a vista, senza una strategia e una prospettiva. È gente che non apprezza le regole perché vive di improvvisazione. È gente che non vuole stare al gioco e infatti, dopo un po’, si trova a giocare da solo, nel proprio “quartierino” ai margini del mercato…

La morale

Nel franchising non è standardizzato tutto, ma solo quello che serve a far funzionare bene il gruppo di imprese e di imprenditori che utilizzano quel sistema. Il franchising è, semplicemente, un grande gioco di squadra dove si vince tutti insieme, affiliante e affiliati.

dal Manuale del Frankenstein,
di Saverio Savelloni, ed. Fasullo