A scuola di franchising
Dal know-how alle royalty, piccolo bestiario di come i nostri presunti esperti siano riusciti a storpiare le principali espressioni inglesi sul franchising.
Oggi in quasi tutte le attività si è creato un linguaggio specialistico, che porta gli addetti ai lavori a rimbalzarsi parolone sconosciute ai comuni mortali, giusto per tirarsela un po’. Nell’ambiente del franchising, soprattutto nei suoi bassifondi più marcescenti da noi definiti “il mondo del Frankestain”, va sempre di moda l’“itanglese“.
È un idioma che prende i termini di derivazione anglosassone e li storpia a piacimento, a seconda della provenienza, del dialetto e della cadenza del presunto esperto.
L’esempio più classico è quello del termine “know-how”, letteralmente “sapere come” o “competenza”. Molti cultori dell’itanglese l’hanno presto trasformato in “know-out”, espressione dal significato sconosciuto, ma i più disinvolti e spericolati l’hanno addirittura fatto coincidere con il famosissimo “knock-out”, ovvero “mandare al tappeto o KO”… E che dire delle famose “royalties” diventate “rotaries”, forse in omaggio all’esclusivo club? Neanche sul diritto d’entrata, detto in inglese “entrance fee”, si può stare tranquilli.
Forse perché hanno la coda di paglia o forse perché non lo vogliono proprio far pagare, sta di fatto che certi fenomeni lo chiamano “entrance free” o “free d’ingresso”: entra gratis, insomma, perché quello che ti vendo, ovvero la mia presunta esperienza, non vale proprio niente!
La morale
Anche dal linguaggio si può desumere il livello di professionalità e competenza dell’interlocutore.
Nel mondo del franchising i veri esperti non hanno bisogno di riempirsi la bocca di parolone straniere e, soprattutto, quando devono proprio usarle, ne conoscono la pronuncia e il significato!
dal Manuale del Frankenstein,
di Saverio Savelloni, ed. Fasullo