Non solo per denaro

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La parola all’affiliato… Una giovane donna molto preparata che sta realizzando ben due sogni: fare l’imprenditrice e soddisfare il suo bisogno di rendersi utile alla società.

Quando si dice la determinazione di una donna nel costruire. Caterina Schiappa, romana doc, ha 35 anni, una laurea in Economia e commercio, un master in Economia e comunicazione dei media e si sta preparando per sostenere l’esame di Stato per entrare nell’Albo dei commercialisti.

Nel frattempo ha trovato il modo di lavorare per 15 anni facendo, tra l’altro, l’amministratore delegato di una società di consulenze in ambito sanitario e farmaceutico.

Le bastano i complimenti? «In realtà, si schermisce, sono semplicemente una che ama andare fino in fondo alle cose».

Ma tutto questo non bastava ancora. E così, nel febbraio del 2013 ha pensato bene di avviare, insieme a una socia, un’altra attività: un’agenzia FarExpress-Consegna farmaci a domicilio.

Insomma, non ne aveva già a sufficienza? «È nel mio carattere. Quanto all’esame per diventare commercialista, lo farò, proprio perché non mi piace lasciare le cose a metà, ma non mi entusiasma la consulenza amministrativa, preferisco fare altro».

E cosa preferisce? «Fare l’imprenditrice. È un sogno che ho da sempre, una sorta di vocazione che mi porto dentro. Anche quando ero amministratore delegato, in realtà non avevo voce in capitolo sulle decisioni strategiche, dato che ero socia di minoranza con una piccola quota. Invece voglio essere io a decidere per qualcosa che sia solo mio».

C’è una ragione per aver scelto proprio un tipo di attività come quella proposta da Far-Express? «Già da tempo sondavo il terreno alla ricerca di qualcosa che mi stimolasse, allargando i miei orizzonti.

Sono partita pensando agli strumenti professionali e finanziari a mia disposizione, cercando di mettere a fuoco un mercato che offrisse delle aperture.

Le mie esperienze mi orientavano al settore dell’assistenza sanitaria, che mi affascina anche per la sua complessità e, sul fronte finanziario e organizzativo, sono presto arrivata alla conclusione che la formula del franchising fosse quella più giusta. In questo ambito ho fatto ricerche, osservando che a Roma non c’erano realtà che erogassero lo stesso servizio di FarExpress.

Quello è stato il punto di partenza». Come è arrivata alla scelta finale? «Potrà sembrare strano, ma sono una che si fida molto del suo istinto.

La prima cosa che mi ha colpito di FarExpress è stata la sua immagine coordinata. Ho visto un furgoncino con il marchio e, di pancia, ho deciso che faceva per me. Poi, naturalmente, ho potuto verificare la loro grande esperienza, il know-how dei responsabili, sperimentare l’eccellente livello nell’assistenza alla startup che sono in grado di fornire e del quale posso dire di essere ampiamente soddisfatta».

Come avete promosso l’attività sul territorio? «Abbiamo cercato di pubblicizzarla ottimizzando risorse ed efficacia. La prima scelta è stata quella di operare in modo mirato solo su alcune zone della città e non indiscriminatamente.

I mezzi sono stati principalmente il volantinaggio nelle cassette postali, la diffusione di brochure e locandine negli ambiti più utili, come studi medici, farmacie, sedi di associazioni e così via. Ma, alla fine, penso che più efficace di ogni altra cosa sia stato e sia, il passaparola».

Dopo più di un anno, che bilancio può fare? «In sostanza sono soddisfatta. La nostra proposta è molto ben accolta da tutti, penso che siamo sulla buona strada anche sotto l’aspetto economico. Sono ottimista e credo molto in questa attività e nel franchisor, anche se però ci sono un paio di ambiti nei quali ci aspettiamo qualcosa di più da lui. Il primo riguarda le convenzioni.

L’azienda sottoscrive vari accordi quadro con enti e associazioni, il che è certamente un’ottima cosa, però al momento queste convenzioni non danno il ritorno che desidereremmo.

Bisognerebbe fare qualcosa per renderle più efficaci e operative, anche perché sono importanti per noi e ci contiamo molto. Il secondo aspetto è quello pubblicitario: un po’ più di sostegno al marchio a livello nazionale non guasterebbe».

Ama il lavoro che sta facendo? «Moltissimo. È un’attività splendida, innovativa e in grado di fare la migliore sintesi tra business e utilità sociale, il che soddisfa in pieno anche il mio desiderio di fare qualcosa che non generi solo denaro, ma sia utile alle persone».

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