Sondaggio Confimprese-BeTheBoss.it: «Europa in testa: il 90% dei retailer italiani progetta di aprire nuovi punti vendita nel Vecchio Continente. Il franchising è lo strumento principe per l’internazionalizzazione».
I retailer italiani preferiscono l’Europa. È questo uno dei tanti punti fermi emersi dalla ricerca condotta da Confimprese-BeTheBoss.it presentata a Milano su un campione di 150 franchisor, di cui il 40% già presente all’estero e il 60% non ancora all’estero. Due le principali evidenze emerse: la rilevanza strategica del Vecchio Continente e la propensione, nettissima, ad aprire negozi in franchising rispetto alla formula diretta sia dei franchisor già all’estero sia di quelli che hanno intenzione di varcare il confine nel prossimo triennio.
Del campione intervistato sono tutti presenti in maniera rilevante nel Vecchio Continente, all’appello non manca nessuno: la penetrazione geografica è pari a oltre il 90% per entrambe le tipologie di retailer interpellate. La maggior parte ha come priorità strategica quella di espandersi o di continuare l’espansione in Europa, dove peraltro sono già presenti 11.731 franchisor e dove ci sono Paesi come Francia e Germania, per esempio, in cui vi è un elevato numero di franchise brand (rispettivamente 1.369 e 960, secondo le ultime rilevazioni di European Franchise Federation). Il lavoro congiunto Confimprese-BeTheBoss.it, giunto al suo secondo appuntamento annuale, si propone nello specifico di continuare a mantenere alta l’attenzione di tutti gli operatori e della stampa verso il settore.
«I dati sottolineano con marcata chiarezza – precisa Mario Resca, presidente Confimprese – che il franchising è sempre più percepito come una formula distributiva in grado di accelerare lo sviluppo della rete e di sfruttare le economie di scala sia in Italia che oltreconfine. Sembra banale aggiungere che deve il suo successo alla rapidità con cui le reti riescono a svilupparsi e a godere di economie di scala precluse al dettaglio tradizionale, eppure la chiave è proprio nella capacità di fare sistema e nell’ottimizzazione di capitali e risorse. Resta da capire, però, perché mentre le nostre imprese fanno abbondante uso di questa formula commerciale, in Italia il franchising non abbia ancora ottenuto il riconoscimento da parte dalle istituzioni preposte».
Guardando poi oltre i confini del Vecchio Continente il 33,33% del campione ha come priorità rilevante Cina ed Emirati Arabi. «L’elemento che accomuna tutti i Paesi di destinazione – prosegue Francesco Montuolo, executive vice president Confimprese – è che si tratta di mercati in cui, indipendentemente dall’area geografica di riferimento, il rischio politico ed economico è ridotto e la domanda da parte della classe media consistente o comunque in crescita. L’auspicio è che anche il retail made in Italy possa contare su un supporto concreto e strumenti dedicati per internazionalizzarsi, proprio come lo è stato ed è ancora oggi per l’industria produttiva italiana. L’obiettivo è quello di portare più rapidamente i brand italiani nel mondo, prima che altri riempiano gli spazi di mercato ancora disponibili».
«La presenza del made in Italy all’estero – sottolinea Giuseppe Bonani, consigliere BeTheBoss.it – è tuttora in una fase sostenuta nonostante la crisi finanziaria del 2007. Questa ha avuto gravi conseguenze sull’economia mondiale, in particolar modo nei paesi sviluppati. Tuttavia, il settore del commercio ha continuato a crescere soprattutto nei mercati emergenti e quasi quotidianamente leggiamo articoli e notizie del progresso economico dei paesi BRICS (Brasile, Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) e dell’ASEAN (paesi del sud est asiatico), progresso sostenuto dall’aumento del potere di acquisto delle popolazioni in generale ma, soprattutto, dei cittadini a più alto reddito. La dimostrazione di quanto sopra detto è confermata dai risultati emersi dal recente sondaggio lanciato da BeTheBoss.it e Confimprese».
I CONTENUTI DEL SONDAGGIO
Nei mesi di agosto e settembre 2013 è stato inviato un questionario compilabile online ai database di Confimprese e BeTheBoss.it. I retailer rispondenti sono stati circa 150, di cui il 40% sono operatori già presenti sui mercati internazionali e il 60% non ancora presenti all’estero (si veda la ricerca allegata al comunicato stampa).
Il campione analizzato presenta un marcato sbilanciamento verso la ristorazione rapida e il food in generale per entrambe le tipologie analizzate. Ciò rispecchia la situazione reale, perché proprio il food è il settore del made in Italy più presente oltreconfine. Quanto all’investimento iniziale richiesto per aprire un punto vendita, la maggior parte dei retailer già sbarcati oltreconfine, pari al 31,25%, prevede una cifra compresa tra i 150.000 e i 500.000€. Diversamente, oltre la metà dei retailer non ancora presenti all’estro, richiede un investimento iniziale inferiore ai 50.000€.
Analizzando i comportamenti degli operatori già presenti all’estero l’Europa, con una differenza percentuale importante, 91,30% vs 78,57%, batte l’Asia nelle priorità strategiche di sviluppo del business da parte dei retailer. Seguono Stati Uniti (64,70%) e America del Sud (62,50%). Il distacco maggiore si ha con Africa (50%) e Oceania (33,33%). Quest’ultima rappresenta una priorità ‘poco rilevante’ per quasi il 54% del totale rispondenti. Si tratta di scelte di campo nette da parte degli operatori che concentrano le proprie attenzioni solo su Continenti e Paesi che presentano un quadro politico-economico più stabile.
Sui Paesi di maggiore appeal commerciale il campione non ha dubbi: la Francia è la prima nel ranking delle priorità con il 50% delle risposte favorevoli, seguita dalla Gran Bretagna con il 37,50%. In area europea si piazza la Germania con il 33,33%, ma con la stessa percentuale sono indicati anche Cina ed Emirati Arabi. La saturazione degli spazi di sviluppo del retail in Europa occidentale costituisce senza dubbio un forte incentivo per chi vuole investire in Oriente, dove i mercati retail locali hanno un bacino di consumatori in grande crescita. Inoltre, stanno aumentando i livelli salariali e di conseguenza la domanda di beni di consumo, soprattutto quelli prodotti dai brand occidentali. La Russia, nona economia al mondo in termini di Pil nominale, appena inferiore a quello dell’Italia, primo paese Bric per Pil pro-capite (circa 17.000 dollari nel 2011), si aggiudica il 37,50% delle preferenze dei retailer.
Quanto al franchising è la rapidità di sviluppo insita nella formula ad aver spinto i retailer a utilizzare questa formula per espandersi all’estero. Ne è più che convinto il 60% del campione che, attraverso il concetto di catena in franchising, riesce ad attuare soluzioni più dinamiche di internazionalizzazione alimentando nuove opportunità di business e ottimizzando il rapporto costi di gestione rete/numero affiliati, oltre al più generale rapporto risultati/investimenti. Il 45% degli operatori, infatti, punta sul franchising perché dichiara che lo sviluppo della rete diretta è troppo oneroso. Il 45% di chi è andato all’estero afferma che può già anche contare su una rete di partner con relazioni istituzionali consolidate, il che costituisce un valido punto di partenza.
Per i retailer non ancora presenti all’estero è ancora il Vecchio Continente quello dove si concentra l’attenzione del 91% del totale rispondenti, che lo ritengono molto rilevante per lo sviluppo delle proprie reti. Seguono le due Americhe con rispettivamente oltre il 65% delle preferenze quella del Nord e il 64% quella del Sud. A breve distanza l’Asia con il 54%. In netto distacco Africa (33,34%) e Oceania (27,78%), evidentemente percepite come continenti ancora in via di sviluppo dal punto di vista commerciale e quindi non ancora particolarmente strategici.
La Germania con il 54,29% delle preferenze si aggiudica la palma del Paese dove vorrebbero iniziare a lanciare il proprio business. Del resto la nazione tedesca ha all’attivo 960 franchise brand ed è la seconda in Europa dopo la Francia per numero di esercizi commerciali. Si può, dunque, ben capire come i retailer manifestino chiara l’intenzione di sbarcare in un Paese politicamente ed economicamente solido, dove l’indice di fiducia è salito a 107,7 punti dopo la rielezione della Merkel e che può di conseguenza offrire maggiori garanzie anche in termini commerciali. La Francia si piazza al secondo posto nel ranking internazionale con quasi il 47% delle preferenze; seguono Inghilterra e Spagna a pari merito con il 40% di preferenze. Oltreoceano gli Stati Uniti fanno sempre la loro parte e sono indicati come destinazione prioritaria da oltre il 34% del campione. Ricordiamo, del resto, che il Paese a stelle e strisce è la “culla” del franchising, tanto che c’è un negozio in franchising ogni 389 abitanti contro l’uno ogni 1.125 abitanti dell’Italia.
Il 60% del campione indica il franchising come formula commerciale privilegiata per sbarcare sui mercati internazionali contro il 34,29% che si dichiara a favore della composizione mista (diretti e franchising) e il 5,71% pro punti vendita diretti.
Può sembrare scontato, ma il motore che spinge i retailer a svilupparsi all’estero è nel 68,57% dei casi determinato dalla crescita dei consumi e conseguentemente dall’aumento di una classe media emergente del Paese prescelto. Il secondo fattore è costituito per il 40% dei rispondenti, come è nella logica delle imprese soprattutto quelle italiane soffocate da una burocrazia asfissiante, dalla bassa complessità delle normative del Paese di destinazione. Il terzo, invece, prende in considerazione il livello di rischio del Paese e gli investimenti contenuti: entrambe le voci sono state flaggate dal 37,14% degli interpellati. Anche la vicinanza geografica ha un peso rilevante per il 34% circa del campione.