A scuola di franchising
Nonostante la crisi abbia fatto chiudere molti esercizi, ci sono ancora commercianti che pensano di poter continuare come prima, rifiutando proposte diverse.
Se scopro chi è andato a dire in giro che il franchising è solo roba per giovani senza arte né parte, disoccupati a vita e casalinghe disperate, lo fracasso di botte.
Quest’anno in Italia stanno morendo mille imprese al giorno, come gli agnelli a Pasqua. Nonostante si trovino in mezzo a questa carneficina, i commercianti continuano a fare i fenomeni.
Noi siamo i veri imprenditori, noi siamo quelli bravi, noi sappiamo fare il nostro mestiere. Noi, noi, noi… Noi facciamo da soli perché, naturalmente, è meglio fallire da soli che far bene in compagnia!Per questi bei soggetti, se le cose vanno così è colpa della crisi, delle tasse, del costo del lavoro, della concorrenza cinese, della manodopera malese, della malavita ghanese, dell’invasione delle cavallette, della malattia del sonno e della mamma scostumata del loro trisnonno.
Mai una volta che pensino: “Forse possiamo far qualcosa per migliorare la nostra proposta commerciale, per attrarre più clienti, per essere più competitivi”.
Piuttosto che guardarsi attorno e cercare nuove soluzioni, si cavano gli occhi. E mentre sono lì, con il coltello in mano, a provocarsi una cecità permanente, il franchising cresce senza di loro.
La morale
Il franchising, quello buono, è la formula ideale per rinnovare il commercio e renderlo più sano, più forte, più concorrenziale. I commercianti più aperti ed evoluti sono i migliori candidati per molti sistemi di franchising. Conoscenza del territorio ed esperienza commerciale possono infatti unirsi al know-how, alle economie di scala e alla forza di gruppo del franchising per creare una sinergia, questa sì, assolutamente fenomenale.
dal Manuale del Frankenstein,
di Saverio Savelloni, ed. Fasullo