Luglio 2012

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Indice

Ho trovato un progetto che fa per me. È in un settore maturo, ma ancora ricco e solido, l”azienda mi sembra seria. L”organizzazione è molto efficiente, investimenti e risultati sono credibili, ho potuto verificarli.
Gli investimenti da fare sono elevati, ma ritengo adeguati all”iniziativa. Tutto sembra perfetto. Mi frena però il fatto che io sarei il primo affiliato, dopo che sono stati aperti alcuni centri pilota di proprietà dell”azienda. Mi parlano di un “contratto di pilotage”.
Lei cosa ne pensa?

Lettera firmata ­ Novara

Dirò una cosa scontata: ogni rete di franchising, anche quelle più note e diffuse, è partita da un primo affiliato, non c”è nulla di sbagliato in sé a
essere i primi affiliati di una nuova iniziativa. Dopo un”analisi di fattibilità e la sperimentazione tramite “centri pilota”, in genere di
proprietà, un”azienda verifica se ci sono le condizioni per avviare il proprio progetto. La legge è molto chiara sull”argomento: è necessario che
l”aspirante franchisor abbia messo a punto un proprio know-how, ovvero “un patrimonio di conoscenze pratiche non brevettate derivanti da esperienze e
da prove eseguite dall”affiliante, patrimonio che è segreto, sostanziale e individuato”. Fatto ciò, l”azienda procede a preparare il sistema
franchising attraverso un percorso chiamato “costruzione progettuale”.

Dopodiché può iniziare le affiliazioni. È qui che di solito le aziende più serie stipulano i cosiddetti “contratti di franchising di pilotage”. Nella sostanza si considerano il primo o i primi affiliati come “sperimentatori” del sistema. Dunque non c”è niente di anomalo nella situazione proposta dal lettore, ma semplicemente pro e contro da valutare. Tra i contro, il fatto che per la prima volta l”azienda si trova nel ruolo di affiliante e quindi non è da escludere la possibilità che qualcosa vada messo a punto. Tra i pro, la posizione privilegiata di chi ha al suo fianco un”intera azienda che “tifa” e si impegna al massimo per il successo dell”affiliato, anche perché non può sbagliare, pena il naufragio alla prima onda. Naturalmente il ruolo di affiliato pilota richiede più attitudine alla sfida, ma spesso al maggior rischio (relativo) si accompagna una più alta remunerazione. Infatti le condizioni che vengono proposte all”inizio di un progetto, sono quasi sempre più favorevoli per l”affiliato di quelle a progetto consolidato.

osa significa “training on the job”?

Alessandro Candiani ­ Reggio Emilia

È una delle tante espressioni anglosassoni ormai in uso anche nel franchising nostrano. Significa che l”affiliante trasferisce modalità operative, metodi, tecniche, strategie attraverso un percorso di formazione e di addestramento che viene svolto direttamente sul campo, in una unità diretta o affiliata definita appunto di training, oppure presso l”unità del nuovo affiliato. Visitando di recente una fiera del franchising, mi è sembrato di percepire una certa aria di crisi. Credevo che in questa situazione fossero molte di più le persone alla ricerca di nuove opportunità. Cosa frena il settore?

Roberto Benni –  Legnano

In primo luogo il comparto bancario che, per varie ragioni, non è ancora in grado di fare da volano alla ripresa. Senza il supporto di crediti, anche gli imprenditori più dotati di risorse sono frenati. Poi vi è l”incertezza che serpeggia tra gli operatori economici e che spesso inibisce in partenza anche le velleità dei più intraprendenti tra i candidati all”affiliazione.

Ed è un vero peccato, perché tra le opportunità in franchising ce ne sono alcune che, proprio in questi periodi, si dimostrano redditizie e vincenti.